Intervista esclusiva di History Life alla pittrice Elisabetta Priolo
Elisabetta Priolo mostra sin da bambina una particolare predisposizione per il disegno e la pittura. Frequenta corsi accademici di arte figurativa presso Atelier di Professori dell’Accademia di Brera e si forma negli ambienti artistici. I ritratti sono la sua passione, ma si tratta di una pittrice poliedrica, che nel corso degli anni ha sperimentato diverse tecniche di pittura e si è dedicata a lavori di varie tipologie. Le sue opere sono state esposte in numerose strutture alberghiere di Milano, città dove risiede, al Teatro Donizetti di Bergamo e a Mentone, in Francia.
Intervista :
- Quando e come è cominciato il suo percorso artistico?
Già a 3 anni mi piaceva prendere la matita in mano per disegnare, cosa che lasciava tutti abbastanza sorpresi. A quell’età, infatti, risalgono anche le mie prime piccole mostre, in quanto realizzavo dei disegni molto maturi per essere così piccola. La vena artistica mi è stata trasmessa da mia madre, che si dilettava a realizzare delle opere a tempera, e in un certo senso io ho seguito le sue orme. Proprio per questo, infatti, a Milano impartisco da alcuni anni lezioni individuali di pittura, a ragazzi e persone di tutte le età. In particolare, ci tengo molto ad insegnare la tecnica a quei giovani che si ritengono annoiati e non sanno che strada intraprendere. L’iperrealismo che io insegno permette di osservare la realtà in ogni suo aspetto particolare e di conseguenza di comprendere meglio anche le varie situazioni della vita.
- Come nasce una sua opera? Cos’è per lei l’ispirazione?
Le mie opere nascono dal desiderio, nel momento in cui entro in contatto con un soggetto che m’interessa, di coglierne l’essenza e di riprodurlo al meglio delle mie possibilità. Ovviamente, sia che si tratti di un fiore o di un animale, deve ispirarmi e provocarmi delle sensazioni.
- In che circostanza le vengono le migliori idee?
Non c’è una circostanza particolare: magari mi sveglio al mattino, quando sono più riposata, e mi viene un’idea che devo realizzare assolutamente, anche se non nell’immediato. Ho delle “spinte interiori” che, nel momento in cui un soggetto m’interessa, mi portano a volerlo ricreare sulla tela.
- Qual è la sua opinione sulle sovvenzioni pubbliche all’arte?
Penso vi sia una notevole mancanza da questo punto di vista e che l’arte venga considerata troppo poco. Per me, certo, non si tratta di una semplice passione, ma di qualcosa di più profondo; della stessa importanza dell’aria che respiro. Oltretutto, l’arte è terapeutica e può rappresentare un validissimo strumento di aiuto per coloro che, ad esempio, soffrono di depressione o vivono stati emotivi di malinconia. Mi rammarico, quindi, che le Istituzioni non si rendano conto della sua importanza e che non facciano abbastanza per promuoverla.
- Un artista che lei stima particolarmente?
Ce ne sono tantissimi: Caravaggio, per quanto riguarda i classici, poi Monet, Manet, gli Impressionisti, Guttuso. Tra i più recenti, anche se deceduti, indubbiamente Tamara de Lempicka. Di lei posso dire che è un personaggio nelle mie corde e che, dopo averne studiata la biografia, ho sentito che in un certo senso mi apparteneva. È per questo che da alcuni anni mi dedico anche e con piacere a riprodurne le opere.
- Secondo lei si compra l’opera o si compra piuttosto l’artista?
A mio avviso, la maggior parte delle persone acquista un’opera perché pensa ad un investimento. Sono pochissimi quelli che la scelgono soltanto perché piace loro, soprattutto se l’artista non è quotato. Generalmente ci si informa prima se chi l’ha realizzata è famoso e quanto può venire a valere.
- Che cos’è per lei la cultura?
La cultura è tutto. Il bagaglio culturale è qualcosa di primaria importanza, perché permette di vivere meglio e con più consapevolezza la vita.
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Ufficio Stampa Elisabetta Priolo
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